L’infiammazione è una risposta difensiva dell’organismo ad attacchi esterni, una normale reazione del sistema immunitario. Il problema sorge quando la situazione dura a lungo e si cronicizza nel tempo. Quando accade si parla di infiammazione cronica sistemica, una condizione che può stimolare l’invecchiamento cellulare e favorire, secondo i ricercatori, lo sviluppo di patologie degenerative.
Infiammazione cronico sistemica significa che il corpo sta producendo un po’ più sostanze infiammatorie di quanto ne produrrebbe in situazioni di normalità.
Se la produzione di sostanze infiammatorie è sempre leggermente alta si ha anche l’attivazione costante degli ormoni anti-infiammatori per cercare di “bilanciare”.
Uno dei principali ormoni anti-infiammatori è il famoso cortisolo. Quando tutto funziona bene, il cortisolo viene prodotto sopratutto al mattino perchè aiuta nella produzione di energia.
In casi di infiammazione cronico sistemica, la sua produzione è invece distribuita in maniera anomala (anche se il suo quantitativo nel sangue resta nei range), cioè uniforme lungo tutto l’arco della giornata.
Questa distribuzione anomala del cortisolo provoca spesso sintomi come:
– stanchezza e affaticabilità
– perdita di tono dei muscoli
– gonfiori di stomaco e intestino
– aumento della ritenzione di liquidi
– perdita di qualità del sonno
– reazioni pseudo-autoimmuni (allergie o intolleranze)
Il procedimento, quindi, è semplice:
- aumento di fattori di stress “infiammanti”
- aumento della produzione di sostanze infiammatorie (citochine)
- maggiore mobilitazione degli ormoni anti infiammatori
- sintomi legati alla eccessiva mobilitazione di questi ormoni.
Questo può avvenire per svariati motivi: una alimentazione non corretta, dolori o traumi a livello meccanico, stress emotivo.
Diversi studi indicano che l’alimentazione può contribuire a modulare l’infiammazione.
Sappiamo anche dalla “cultura popolare” che certi cibi causano infiammazione.
In realtà, qualsiasi cibo può avere proprietà “infiammatorie” oppure “anti-infiammatorie”: dipende dal contenuto di minerali al suo interno e dalle reazioni necessarie per assorbirne il contenuto.
La nostra alimentazione non dovrebbe contenere solo alimenti “anti-infiammatori”, tutt’altro; dovrebbe però essere leggermente sbilanciata a favore di questi.
Cosa succede nella maggioranza dei casi?
Che l’alimentazione non è “leggermente sbilanciata verso i cibi anti-infiammatori“, ma “drasticamente sbilanciata verso i cibi infiammatori“.
Gli alimenti pro-infiammatori sono quelli che per le loro caratteristiche hanno la possibilità di peggiorare lo stato d’infiammazione. In genere si tratta di alimenti industriali molto elaborati che contengono tra gli ingredienti oltre a grassi saturi e colesterolo, anche additivi, coloranti, dolcificanti ed esaltatori di sapidità.
Gli alimenti che riducono lo stato infiammatorio in genere sono quelli con molte fibre e micronutrienti contenuti in frutta e verdura.
L’olio d’oliva, con la sua concentrazione di grassi monoinsaturi, vitamina E e polifenoli, riduce la formazione di molecole pro-infiammatorie. Grassi monoinsaturi sono presenti anche in avocado e noci. Il succo di ananas contiene la bromelina, enzima dalle proprietà antinfiammatorie. La curcuma, antiossidante, l’aglio, con i suoi composti a base di solfuro, lo zenzero, dalle proprietà antiulcerose, sono tutti ottimi antinfiammatori. I frutti di bosco (ribes, lamponi, more, mirtilli) svolgono attività antiossidante e antinfiammatoria in particolare a livello gastrico. I carciofi, per il contenuto di cinarina (dalle proprietà colagoghe e coleretiche) favoriscono la digestione. Gli alimenti con Omega-3 e Omega-6, contenuti nel pesce azzurro, sgombri, alici, sardine, semi di lino, sesamo, crostacei, nel tofu, nelle mandorle e nelle noci, hanno un elevato potere antiossidante e antinfiammatorio.
L’opportuna integrazione fra alimentazione, vitamine, sali minerali e genetica permette di ridurre i processi infiammatori cronici.
Il regime alimentare personalizzato permette all’organismo di “funzionare” al massimo delle sue potenzialità e di migliorare la regolazione dei processi infiammatori.